Come mamma e bambino ricordano il momento del parto

Cosa significa per un neonato e la sua mamma  ricordare il momento della loro nascita?

Ma soprattutto, come lo ricordano?

A cosa serve alla diade ricordare questo passaggio così importante? 

Cara mamma, dobbiamo sempre tenere presente che il feto non percepisce se stesso come un essere separato dalla madre, caso mai si verifica il contrario in quanto la madre è consapevole di avere la sua identità, mentre il bambino dal concepimento fino a nove mesi circa dopo la sua nascita si percepisce un tutt’uno con la madre. L’utero rappresenta la prima casa ed è permeato delle qualità con cui la mamma percepisce se stessa all’interno dell’ambiente famigliare e sociale; possiamo dire che il feto cresce con queste caratteristiche facendole sue e affronterà il viaggio della nascita con quel tipo di predisposizione e crescerà conservando la percezione della prima vera esperienza in cui  i suoi sensi sono entrati in gioco, tutti insieme e per la prima volta!

Il vantaggio per la diade madre/figlio di poter affrontare insieme il momento del parto è quello di poter restare presenti l’una all’altro, per sostenersi a vicenda e percepire quella condivisione di sofferenza che è funzionale alla nascita, che porterà il neonato a parteciparvi attivamente sentendosi sostenuto e la madre a percepire distintamente la sua forza innata per dare alla luce il suo piccolo. 

Lo stesso vantaggio si estenderà nei giorni a venire, dopo il parto, quando il neonato urlerà forte la sua esperienza alla madre, chiedendole di ascoltare la sua storia per  superare quella sfida così grande che hanno vissuto insieme.

Ogni madre ha il diritto ad un buon parto nonché il diritto e  la responsabilità di trasferire a suo figlio le migliori condizioni per una buona nascita, per una futura crescita equilibrata, al riparo da paure e condizionamenti inutili, in perfetta simbiosi con la Natura e con sentimenti di accoglienza incondizionata, per entrambi. Essendo la nascita il viaggio che modella la vita,  comunque vada essa va sempre integrata. Di questa esperienza nulla va mai perduto, l’impronta resterà indelebile, ma non è mai troppo tardi per riconnetterci con noi stessi e per riscriverla in maniera accettabile e iniziare ad assaporare pienamente le nostre capacità, in ogni ambito. 

La difficoltà più comune ma anche la più complessa rimane sempre il pianto di memoria dei neonati a cui  non è sempre facile, soprattutto per  una madre, restare presente  e capire cosa vuole dire; a volte questi pianti sono inconsolabili, strazianti e toccano appunto corde profonde nei genitori  gettandoli in uno stato di abbattimento e inadeguatezza che appare senza via d’uscita.

Il percorso di integrazione alla nascita sostiene a pieno questi principi e oltre ad intervenire nelle difficoltà che il bimbo può presentare, applica i suoi benefici già in gravidanza proprio per preparare i genitori alla conoscenza di se stessi attraverso il riconoscimento delle proprie esperienze precoci che sono rimaste inascoltate in tenera età, aiutando la madre ed il padre ad affrontare il momento del parto e del puerperio; con questo approccio gentile  eventuali paure che ci bloccano possono essere sconfitte o almeno affrontate più facilmente,  riuscendo anche a cogliere le reali difficoltà/necessità del bambino che nascerà. 

Il rispecchiamento e l’empatia rimangono sempre le parole chiave in una relazione fra adulti e così vale anche per un neonato da prima con la sua mamma, poi con il padre e la famiglia, ma per poterlo attuare  occorre percepirsi dei buoni genitori, con delle risorse a cui attingere. Se noi possiamo metterci in relazione prima di tutto con noi stessi e percepire le infinite possibilità che abbiamo come esseri umani, allora anche i nostri bambini si sentiranno liberi di poterlo fare per incedere con sicurezza nella vita.

Mi piace così tanto aiutare i genitori a vedere ciò che essi non vedono del loro infinito potenziale e ciò che io vedo nel linguaggio dei neonati!

Lorena.

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